#9 JORDAN PETERSON - Guida ai migliori podcast del mondo Ep.1
In molti mi avete scritto per sapere che fine ha fatto PDR. In questo momento sto lavorando a delle cose che necessitano concentrazione assoluta ma il podcast tornerà, non con la stessa frequenza di prima probabilmente, ma tornerà, forse una puntata anche a breve, vediamo. Per non rischiare di perderla vi consiglio comunque, se non lo avete già fatto, di iscrivervi al canale del podcast.
Nel frattempo ho pensato però che poteva avere senso segnalarvi alcuni dei podcast che seguo ormai da alcuni anni. Sono tutti in inglese ma purtoppo per livello di approfondimento, professionalità e libertà intellettuale non esistono al momento omologhi italiani.
Se gli Stati Uniti sono più afflitti dalla cancel culture e dal wokismo rispetto all’Italia, sono però dotati anche di maggiori anticorpi culturali e l’emergere del cosiddetto IDM (Intellectual dark web) lo testimonia.
L’IDM è una rete eterogenea – indipendente dalle grandi corporation dei media – composta da intellettuali, scienziati, giornalisti e comici di vario orientamento politico, accumunati soltanto dall’aperto rifiuto del wokismo e dall’opposizione alla frammentazione e alla superficialità dei media tradizionali e dei social network.
Il mezzo d’elezione dell’IDM è il podcast, il formato invece sono delle conversazioni approfondite lunghe anche diverse ore fra alcune delle menti più brillanti della nostra epoca. Molti di questi podcast in pochi anni hanno sviluppato pubblici abituali di alcuni milioni di ascoltatori sparsi in tutto il mondo.
Milioni di ascoltatori per episodio.
Uno dei più importanti pensatori dell’IDM è il canadese JORDAN B. PETERSON, un autore da più di 6 milioni di copie vedute, considerato dal NY times il più influente intellettuale vivente e sostanzialmente ignorato in Italia, almeno a livello mainstream.
In realtà all’interno del mondo intellettuale italiano Peterson è gettonassimo su WhatsApp e pressoché inesistente sui social. La nazione che ha dato i natali a Don Abbondio non si smentisce mai.
“Jordan Peterson is the most influential public intellectual in the Western world right now”
The New York Times
J.B. Peterson è uno psicologo clinico canadese, ha insegnato ad Harvard e all’università di Toronto. Accademico con curriculum solidissimo, ha costruito la sua popolarità in un primo momento con i video YouTube delle lezioni che teneva all’università di Toronto, in particolar modo con le serie sugli archetipi narrativi nella Bibbia, nei film e nei cartoni animati pop.
Jordan Peterson si inserisce nel filone dei grandi pensatori/divulgatori della nostra epoca, autori come Harari, Pinker, Diamond e Gladwell, con però una differenza fondamentale: la straordinaria originalità e profondità, la capacità di fondere passato e presente all’interno di un unico sguardo lucido e coerente.
Soprattutto JBP è l’intellettuale che più coraggiosamente denuncia la deriva totalitaria di quelle teorie post-strutturaliste (da cui è derivato il wokismo) che negli ultimi anni hanno travolto le democrazie occidentali in contemporanea con i populismi di destra.
Il pensiero di JBP è una radicale alternativa ad entrambe queste patologie politiche che minacciano l’esistenza della società liberale occidentale come la conosciamo.
(La serie biblica)
(La prima puntata della serie sugli archetipi in Pinocchio-versione Disney)
Il successo
La notorietà al grande pubblico di Peterson è arrivata però con questa intervista con la giornalista inglese Caty Newman.
Per trenta, ininterrotti, minuti la Newman ha provato a manipolare le dichiarazioni di Peterson continuando a mettergli in bocca parole che non aveva mai detto (né scritto, se è per quello) ma che rispondevano alla raffigurazione ideologica e caricaturale che lei aveva di lui.
Nella tradizione di dibattito anglosassone esiste una pratica chiamata Steel man, ovvero si chiede – in genere prima della chiusura di un dibattito – a uno dei due oratori che si stanno sfidando di ricostruire con la maggiore precisione e onestà possibile le posizioni dell’avversario e poi si fa lo stesso con l’altro partecipante. Quando lo Steel man viene eseguito con un’aderenza tale che l’altro oratore può riconoscere le sue idee nella ricostruzione siamo di fronte a qualcosa di sublime, molto vicino al massimo di civiltà a cui possiamo ambire come esseri umani.
Il contrario esatto dello Steel Man è lo Straw man, ovvero il prendere le posizioni dell’avversario e torcerle a piacere con l’unico scopo non della ricerca della verità ma della vittoria nella tenzone (ne avevo parlato qui). Lo Straw man è invece uno dei punti più bassi della civiltà ed è la tecnica usata nella maggior parte delle occasioni nei talk show televisivi italiani, oltre che una tecnica d’elezione dei commentatori woke.
Tornando a Peterson vs Newman, il tentativo maldestro di Straw man totale della Newman è impressionante, specie considerata la pazienza e la calma olimpica con cui Peterson (che è uno psichiatra clinico, oltre che una persona molto più colta e intelligente della Newman) ha rispedito al mittente tutti i tentativi di manipolare il suo pensiero e ritorcerglielo contro – tentativi tutt’altro che sofisticati ma non per questo meno irritanti.
Mentre scrivo l’intervista su YouTube è stata vista 34 milioni di volte e ha, per l’appunto, dato origine all’esplosione di popolarità globale che ha avvicinato il pubblico ai libri, ai podcast e ai video delle lezioni universitarie di Peterson.
La Newman è rimasta chiusa nel suo bias di conferma definendo Peterson alt-right (cosa che lui non è nemmeno lontanamente) e invece di scusarsi per il comportamento non deontologico tenuto durante l’intervista ha insistito sull’aver ricevuto dopo l’intervista valanghe di “critiche maschiliste”. La bolla combatte ostinatamente – e furbescamente – contro il merito delle cose.
Per quanto fornisca un saggio piuttosto preciso delle sue abilità dialettiche l’intervista con la Newman non è quindi quella ideale per avvicinarsi al pensiero di Peterson visto che finisce per passare molto più tempo a puntualizzare e a difendersi che non a dire come la pensa.
Molto più interessanti da questo punto di vista sono gli interventi al Podcast di Joe Rogan (parlerò anche di lui in una prossima puntata), perchè Rogan è effettivamente interessato ad ascoltare cosa ha da dire Peterson.
Qui una delle 5 puntate di cui Peterson negli anni è stato protagonista:
Fra gli argomenti preferiti di JBP ci sono la decostruzione dei totalitarismi, la centralità delle narrazioni nel processo di creazione di senso e, per l’appunto, la denuncia dei rischi insiti nelle ideologie, compresa quella woke.
“Se sei una persona normalmente curiosa, Peterson non ti sembrerà un bersaglio facile per l’indignazione morale. Non condivido tutte le premesse filosofiche di Peterson, e sono in disaccordo con alcune delle cose ha scritto, ma non c’è nulla di sinistro. Vent’anni fa in pochi lo avrebbero visto come l’intellettuale sovversivo e il mostro morale che molti lo considerano oggi.”
Barton Swaim - The Wall street Journal
In seguito alle apparizioni da Rogan, Peterson è diventato definitivamente una star mondiale. Il tour del suo secondo libro è consistito in lezioni nei teatri di 160 città fra USA, Canada, Europa e Australia, per un totale di 500 mila spettatori paganti.
Peterson ha particolare successo nei Paesi che da più tempo conoscono il problema del politicamente corretto e in quelli in cui la popolazione parla un livello accettabile di inglese e può quindi fruire direttamente dei suoi video e dei suoi podcast.
Live in Reykjavik – Islanda:
Intervista alla Tv Svedese:
DIBATTITI:
Il dibattito in tre parti Jordan Peterson Vs Sam Harris all'università di Vancouver è il dibattito filosofico contemporaneo più visto su Youtube e con più di qualche buona ragione.
In sintesi durante il dibattito Peterson sostiene che le narrazioni tradizionali, comprese quelle religiose, siano preziose stratificazioni di strategie di sopravvivenza umane e contengano una serie di significati simbolici – non letterari quindi – utili ancora oggi per sapere come agire e su cosa fondare una sensibilità morale, e tutto questo al di là del fatto di essere credenti o meno (Peterson sostiene un comportamento come se si fosse credenti).
Harris sostiene invece che ogni forma di narrazione tradizionale-religiosa è sostanzialmente cialtroneria e non assolve più alcuna funzione utile, ma se anche l’assolvesse lo stesso risultato si potrebbe ottenere con metodi meno primitivi, più efficienti e più sani.
I tre dibattiti contengono alcuni commoventi esempi di steel man argument e sono moderati dal gigantesco Eric Weinstein (di cui parlerò in un’altra occasione).
TEMI E LIBRI
Sulla base della sua esperienza di psicologo clinico e delle sue profonde conoscenze umanistiche, Peterson diversi anni fa ha scritto “MAPS OF MEANING”, un libro monumentale sulla centralità degli archetipi narrativi nelle psicologie individuali e collettive e nella genesi dei valori umani, lavorando nel solco di Jung e Nietzsche.
Maps of meaning è un libro notevole ma forse fin troppo denso e fino al successo online di Peterson è rimasto sostanzialmente ignorato al di fuori dai circoli accademici.
Il problema della fondazione
Un problema centrale nel pensiero petersonaniano è quello della fondazione.
Il fatto cioè che l’agire nell’era della morte di Dio non sia un’agire fondato è un problema che lo attanaglia da sempre e che riconosce essere la stessa preoccupazione alla base del post strutturalismo francese (e anglossassone poi).
Pur in accordo su questo punto di partenza, Peterson dissente però dall’idea che in un universo nichilista ogni agire sia esclusivamente una questione di potere, come invece sottintende tutta quell’impalcatura woke che di conseguenza ricade poi in un vortice di tribalismo e razzismo, seppur superficialmente travestiti da progressismo.
L’analisi simbolica delle narrazioni è il tentativo petersoniano di recuperare una fondazione attraverso l’esplorazione degli archetipi, strategia che va ovviamente in conflitto con volontà del wokismo di considerare ogni espressione umana come meramente culturale e quindi totalmente modificabile dalle agende politiche. Una tendenza, quest’ultima, in linea con la dottrina dei totalitarismi del novecento e la loro idea di uomo nuovo, nazista o comunista che fosse.
Dal punto di vista formale uno dei grandi pregi del pensiero petersoniano è la tendenza al recupero della profondità e della complessità dei problemi, una tendenza che si concretizza in un ricorso alla letteratura scientifica (in campo psichiatrico e non solo) e in un’oratoria basata sulla pratica dell’unpacking ovvero nel riconoscere che la maggior parte dei problemi che ci troviamo ad affrontare sono problemi multivariabile.
Sono le nostre euristiche cognitive e le prerogative della comunicazione contemporanea ad estremizzarne alcuni aspetti dei problemi e farci pensare che la soluzione sia di conseguenza semplice e univoca. In realtà spesso la realtà delle cose è molto più complessa e controintuitiva.
Un esempio è nel dibattito attorno al pay gap fra uomini e donne, un problema che sui media generalisti è sempre raccontato come il frutto esclusivo di una discriminazione sistemica quando in realtà alla diversità media dei redditi fra sessi diversi contribuiscono moltissimi fattori (tra cui il maggior numero di donne che lavorano part time rispetto agli uomini) prima di arrivare alla quota attribuibile alla discriminazione sessuale:
Su questo argomento per altro nessuno sembra saperlo ma secondo i dati ufficiali dell’Unione Europea, l’Italia è uno dei Paesi dove il gender gap è più basso in assoluto.
(Sì, avete letto bene).
Quando di recente è scoppiato il linciaggio social ai danni di Alessandro Barbero mi sono stupito che, per quanto ho avuto modo di vedere, sui circa 48 milioni di persone che hanno espresso un parere a riguardo, a nessuno sia venuto in mente che esistono degli studi scientifici - e non delle chiacchiere da bar – sulle differenze fra uomini e donne, differenze di cui i woke non vogliono sentir parlare perchè per loro ogni cosa è culturale, appunto.
Qui il libro di Steven Pinker che spiega l’assurdità di quest’ultima posizione.
Qui di seguito invece la prospettiva evolutiva di Peterson sulle differenze uomo/donna, che completa il discorso del video precedente.
Oltre a Maps of Meaning Peterson ha scritto altri due libri, dove i risultati del suo lavoro sono confezionati nella forma molto più semplice e accessibile di manuali di self help:
- 12 rules for life – An antidote to Chaos
Questi due titoli sono diventati dei best seller globali.
IL CASO ITALIA
Il mistero italiano: JBP ha venduto più di 6 milioni di copie nel mondo ma in Italia esistono solo i suoi ultimi due libri e per di più tradotti dallo sconosciuto editore “My life” per il quale ha venduto comunque alcune decine di migliaia di copie grazie al passaparola e a una presenza online piuttosto diffusa anche nel nostro Paese.
Oggi l’Italia risulta uno dei pochi Paesi occidentali, se non l’unico, dove JBP non è mai nemmeno lontanamente stato vicino al centro del dibattito culturale.
Jordan Peterson ha un canale YOUTUBE
e un Podcast: