La tragica vicenda della morte della ristoratrice Giovanna Pedretti ha una caratteristica piuttosto inquietante: è una storia in cui ogni passaggio è sbagliato.
Andiamo con ordine.
La recensione
L’innesco della storia è la risposta della ristoratrice a una recensione che contiene dei commenti contro un cliente omosessuale e uno disabile. Il commento e la recensione hanno font diversi (per altro, piuttosto tragicamente, il presunto recensore mentre scrive assurdità da Terzo Reich si prende il tempo di dire che “si mangia benissimo”) ed escono in concomitanza con l’iniziativa di un’associazione a sostegno dei disabili in collaborazione con il ristorante.
Sembra evidente che lo screenshot sia stato manomesso, al momento non è chiaro se l’invenzione sia totale, o, come sembra suggerire quest’altra versione della storia, sia la ricostruzione a tavolino di una recensione realmente ricevuta ma commentata soltanto mesi dopo.
Comunque, scoprirlo non è difficile, Google sicuramente lo sa e nei prossimi giorni credo lo dirà. Ad ogni modo l’operazione, come minimo, non è trasparente.
I giornali
I giornali italiani, praticamente a testata unificata, celebrano la Pedretti come un’eroina della lotta contro le discriminazioni, passando sopra a quello che non torna nello screenshot, venendo quindi meno in maniera grossolana all’obbligo di verifica.
Si tratta di quelle “Feel good stories” davanti alle quali ormai è prassi consolidata che i media chiudano gli occhi: fanno tanti click e questo basta perché vengano prese per vere e proposte come tali ai lettori.
Ormai diversi anni fa ho incontrato quel caso da manuale di “Feel good story” finita in tragedia che è Xylella, da allora di fronte a una storia positiva ho imparato semmai a essere più dubitante, non meno. Voler credere a una storia positiva però è una reazione fisiologica e i media ne approfittano.
All’equazione bisogna aggiungere il fatto che i giornali sono sempre più in crisi, vendono un numero risibile di copie e hanno visto ormai da tempo gli inserzionisti spostare i loro budget pubblicitari sul digitale e sugli influencer (se vi stavate chiedendo come mai i giornali odino così tanto gli influencer pur non essendo a loro volta esattamente dei filosofi tedeschi dell’Ottocento, la ragione è prima di tutto questa).
Insomma la Pedretti da anonima ristoratrice viene amplificata a rilevanza nazionale per un pugno di click. Non sarebbe dovuto succedere.
I guerrieri delle verità minime
Il cuoco Lorenzo Biagiarelli fa notare le incongruenze dello screenshot e la sua fidanzata Selvaggia Lucarelli lo amplifica facendolo arrivare ai suoi milioni di follower. Questa potrebbe sembrare una normale opera di debunking e per certi versi lo è, ma, come è già accaduto in passato con la Lucarelli, il problema è la sproporzione – macroscopica – fra la presunta “malefatta” – tutto sommato minore – e l’ampiezza del pubblico che viene mobilitato contro il reo, un esito che un’influencer con milioni di follower che ha costruito la sua carriera proprio su questo genere di operazioni non può ignorare.
Molta parte della disapprovazione che la Lucarelli raccoglie non risiede in un problema con la verità in quanto tale, quanto con l’istintiva percezione di questa sproporzione da parte del pubblico. In altri termini non si buttano bombe nucleari su delle persone armate di frecce.
La Lucarelli ha ragione a fare notare che i giornali in questa vicenda hanno avuto un ruolo fondamentale e negativo. Al tempo stesso additare a milioni di persone un’anonima cittadina che ha probabilmente ha fatto una cosa sbagliata ma 1. non è avvezza ai meccanismi della comunicazione (lo dimostra la stessa grossolanità dello screenshot) 2. non è una figura pubblica 3. non possiede a propria volta una legione di fan, ha poco a che fare con la ricerca della verità e molto con la ricerca della notorietà.
È il meccanismo perverso dei social, la ricerca dell’attenzione sopra ogni cosa.
È indubbio anche che – e non è certo un problema che riguardi soltanto la Lucarelli – ci siamo abituati a considerare queste vicende di cronaca minima e irrilevante come i temi di discussione attorno a cui verte il dibattito nel Paese.
Faccio solo un esempio, ma ne potrei fare centinaia: da poco tempo l’Italia è uscita dalla via della Seta, lo scellerato progetto di egemonia imperialista della dittatura cinese in cui ci aveva infilato il governo Conte. Si tratta di una notizia francamente ottima per il futuro del Paese, forse la migliore di tutto il 2023.
Ne avete sentito parlare?
E del Pandoro della Ferragni invece?
Questa è la nuova gerarchia delle notizie che si è sviluppata in una sfera informativa dominata dai social e dai loro attention seekers.
Giovanna Pedretti muore, probabilmente suicida
Su questo non ho molto da dire, mi pare una questione troppo grande e troppo privata. Mi limito a osservare che Émile Durkheim sosteneva che la causa principale dei suicidi fosse l’opposizione radicale dell’individuo al corpo sociale e passare dentro a una moderna shit storm digitale è senza dubbio una forma di tortura psicologica. Questo vale per chiunque ma in modo particolare per chi non fa parte del mondo dell’informazione e non ne conosce i meccanismi.
I giornali, parte seconda
La storia sarebbe già sbagliata più che a sufficienza, ma i giornali ci hanno tenuto a raddoppiare la dose e questo è il modo in cui Corriere e Repubblica hanno dato la notizia della morte (non ci potevo credere e quindi ho fatto degli screenshot):
Se non trovate nessun riferimento alla veridicità della recensione della ristoratrice è perché non c’è.
Quanto sia assurdo raccontare questa storia in questo modo, nascondendo il punto centrale di tutta la vicenda lo lascio giudicare a voi.
Vorrei però dire a chi magari ha vent’anni in meno di me ed è cresciuto in questo ecosistema informativo che il mondo non era un giardino fiorito neppure prima e i media hanno fatto sempre anche delle porcate ma una cosa del genere non sarebbe successa.
Questa palese, sfacciata, aperta, manipolazione della notizia non sarebbe stata accettata prima di tutto nelle redazioni.
Ed eccoci qua: schiacciati fra gli influencer alla disperata ricerca di attenzione e media determinati a mantenere la loro narrazione del momento anche a dispetto dei fatti, nella speranza di incamerare qualche click in più e di nascondere i propri errori.
Benvenuti nella storia dove ogni cosa è sbagliata.